La presenza in Campania di suini glabri con testa corta e larga e faccia camusa, simili ai suini asiatici, è documentata già in epoca romana. Dai ripetuti meticciamenti di questi suini con quelli di origine centroeuropea, con testa stretta ed ossa nasali lunghe e dritte, ebbe origine la razza Casertana. Già sul finire del settecento la Casertana era allevata in uno dei territori più popolati del regno borbonico, dove era apprezzata per la sua grande capacità di produrre grasso. I caratteri morfologici della Casertana erano allora già definiti e tipici. Questa razza era l'unica di tipo gentile tra le popolazioni presenti e per questo era tenuta in gran conto ed allevata in modo confinato nelle aree più intensamente coltivate e popolate. Già sul finire del settecento Lord Western acquistò una coppia di suini di razza Casertana che definì "Una razza con particolari e pregevoli qualità, il sapore della carne essendo eccellente, e l'attitudine ad ingrassare con piccolissima quantità di foraggi non avendo l'uguale". Nell'ottocento la Casertana era presente nella provincia di Caserta (Terra di Lavoro), suo areale di origine. Diffuso era l'allevamento di piccoli gruppi di suini da parte di fittavoli, mezzadri e massaie che custodivano alcune scrofe e ricorrevano, per gli accoppiamenti, a verri di comodo. Il censimento dell'agricoltura italiana del 1881 evidenzia l'importanza dell'allevamento suino nella provincia di Caserta, la terza per consistenza suinicola, dopo l'Umbria e la provincia di Milano. La Casertana continuava ad essere apprezzata all'estero: nel 1837 il Duca di Marlborough, allora Marchese di Blandford, comprò due verri Casertani per utilizzarli in programmi di miglioramento dei "suini neri di Oxford". Altre esportazioni ottocentesche verso il Regno Unito di cui sia rimasta traccia furono compiute dal Conte di Harborough e dal signor Buckley di Normanton. Dagli allevamenti casertani la razza si diffuse nelle limitrofe province di Napoli, Benevento, Avellino, Salerno e Potenza. La Casertana costituiva ancora nei primi decenni del novecento una delle più numerose popolazioni suine del nostro Paese. La sua consistenza si è successivamente contratta in modo drastico. L'avvio del programma di conservazione nel 2001 ha permesso la costituzione di piccoli nuclei di allevamento.
Napoletana, Pelatella, Teanese
Assenza del gene mutato RYR1, di alleli o aplotipi al locus Extension responsabili del colore rossiccio e del colore "selvatico", di alleli al locus Dominant White.